CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 34 del 02/12/2013 – U.S. Lecce S.p.a./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti Serie A/Comitato Olimpico Nazionale Italiano

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 34 del 02/12/2013 – U.S. Lecce S.p.a./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Professionisti Serie A/Comitato Olimpico Nazionale Italiano L’Alta Corte di Giustizia Sportiva, composta da dott. Riccardo Chieppa Presidente dott. Giovanni Francesco Lo Turco, prof. Roberto Pardolesi Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio proposto con ricorso iscritto al R.G. ric. n. 30/2013 presentato, in data 10 ottobre 2013, dalla società U.S. Lecce S.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. prof. Saverio Sticchi Damiani, contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito F.I.G.C.), rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, nonché contro il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (di seguito C.O.N.I.), non costituitosi in giudizio, e contro la Lega Nazionale Professionisti Serie A (di seguito L.N.P. A), rappresentata e difesa dall’avv. prof. Ruggero Stincardini, per l’annullamento e/o disapplicazione di tutte le norme dell’ordinamento sportivo del C.O.N.I. e della F.I.G.C., nei limiti in cui riconoscono la natura arbitrale e non amministrativa del T.N.A.S. e delle relative decisioni, con conseguente appellabilità delle stesse solo in Corte d’Appello per vizi di nullità, anziché innanzi al giudice amministrativo per vizi di legittimità e, in particolare, di tutto il Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e disciplina degli Arbitri e degli artt. 12 bis e 12 ter dello Statuto del C.O.N.I.; visti tutti gli atti e i documenti di causa; udito il Relatore, Presidente Riccardo Chieppa; uditi, nell’udienza dell’11 novembre 2013, l’avvocato Saverio Sticchi Damiani per la ricorrente soc. U.S. Lecce S.p.a., l’avv. Luigi Medugno per la F.I.G.C. e l’avv. Ruggero Stincardini per La LNP A. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso 10 ottobre 2013, proposto nei confronti della F.I.G.C., del C.O.N.I. e della L.N.P. A, la società U.S. Lecce S.p.a. ha impugnato, chiedendone l’annullamento e/o la disapplicazione, tutte le norme dell’ordinamento sportivo del C.O.N.I. e della F.I.G.C., nei limiti in cui riconoscono la natura arbitrale e non amministrativa del T.N.A.S. e delle relative decisioni, con conseguente appellabilità delle stesse in Corte di Appello per vizi di nullità, anziché innanzi al giudice amministrativo per vizi di legittimità e, in particolare, tutto il Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina degli Arbitri e gli art. 12 bis e 12 ter dello Statuto del C.O.N.I. Il ricorso espone: - le vicende di un arbitrato avanti al T.N.A.S., proposto dalla società U.S. Lecce S.p.a. con istanza 24 dicembre 2012 e conclusosi con lodo 31 maggio – 1 luglio 2013, con rigetto della richiesta di contributo, di cui all’art. 19 dello Statuto-Regolamento della LNP Serie A, denominato “paracadute”, previsto per le società retrocesse “sul campo” dalla Serie A alla Serie B e, in concreto, negato per mancanza della c.d. partecipazione effettiva alla Serie B; - l’intenzione di proporre ricorso innanzi al TAR, al fine di riscontrare i lamentati vizi di legittimità in ordine alla interpretazione dell’art. 19 del citato Statuto e al rifiuto del contributo, nonché del convincimento di irrimediabile compromissione dell’opportunità di tutela giurisdizionale, garantita dagli artt. 24 e 11 Cost., dalle norme dell’ordinamento sportivo che, muovendo dall’erroneo assunto della natura arbitrale delle “decisioni” del T.N.A.S., individuerebbero (illegittimamente) nella Corte di Appello il giudice competente per l’impugnazione; - le funzioni, anteriormente alla novella legislativa del 2008, della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, quale unico organo competente a decidere in ultimo grado le controversie tra Federazioni e tesserati che, benché definite - suscitando non poche perplessità - dall’art. 7 del Regolamento della anzidetta C.C.A.S. come esercizio di vero e proprio arbitrato rituale, disciplinato dall’art. 806 e ss. c.p.c., erano state, invece, considerate dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato attività di potestà prettamente amministrativa, in riferimento all’interesse legittimo azionato, alla relativa non disponibilità da parte della Amministrazione e alla posizione di soggetto pubblico, come sarebbe confermato dalla ricostruzione operata dalla Corte Costituzionale (sentenza 11 febbraio 2011, n. 49, relativa a C.C.A.S.); - la sostituzione nel 2008 della predetta Camera con il T.N.A.S. e con l’Alta Corte di Giustizia Sportiva, con competenze nettamente distinte, basate sulla “disponibilità” o meno dell’oggetto delle questioni sottoposte e con differenze tra i due organi, anche in ordine ai giudici competenti per le impugnazioni; - i requisiti necessari per investire ciascuno dei predetti organi istituiti presso il C.O.N.I. di una controversia e sulle rispettive competenze differenti anche per le impugnazioni (giudice amministrativo per l’Alta Corte e Corte di Appello per il T.N.A.S., con limitazione ai vizi di nullità). 2.- Il ricorso lamenta, con una enunciazione generale e non differenziata in specifici motivi - si noti anomala di fronte alle caratteristiche proprie di un giudizio di impugnazione diretto all’annullamento di atti regolamentari, per di più molteplici e differenti per natura, provenienza e approvazione – i seguenti profili: a) sarebbe poco chiaro ed anzi del tutto incomprensibile il modo in cui le nuove norme del C.O.N.I. e le corrispondenti previsioni federali (queste ultime genericamente indicate nel ricorso) hanno disciplinato le controversie concernenti diritti indisponibili, che non siano di notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo nazionale, e quelle attinenti ad interessi legittimi, già in precedenza attribuite alla C.C.A.S. Gli articoli 1, comma 2, Codice Alta Corte, 12 bis, Statuto C.O.N.I., 3, comma 1, Codice T.N.A.S. statuirebbero che dalla competenza arbitrale sono escluse solo le controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili, attribuite, per esclusione, all’Alta Corte. Ciò determinerebbe una lacuna normativa, colmata per le controversie concernenti interessi legittimi, naturalmente attratte dalla competenza del T.N.A.S. (con richiami a casi di controversie relative a penalizzazioni, squalifiche e provvedimenti di inibizione). In dette controversie non si potrebbe ravvisare un diritto soggettivo, tanto meno in termini di disponibilità, mentre la situazione giuridica soggettiva, fatta valere in ordine alla proporzionalità di una sanzione, dovrebbe essere inquadrata nella sua natura di interesse legittimo, in base alla configurazione entro la figura sintomatica dell’eccesso di potere, tipico vizio del provvedimento amministrativo nell’ambito di una discrezionalità amministrativa; b) la Federazione, ponendo in essere un provvedimento sanzionatorio, agirebbe in forza della sua posizione di soggetto pubblico, esercitando un potere discrezionale, rispetto al quale la posizione giuridica soggettiva della società o del suo tesserato si configurerebbe come interesse legittimo, con la inevitabile conseguenza di perdurante validità della giurisprudenza amministrativa riguardante la C.C.A.S.; per definire la natura di un giudizio instaurato davanti ad un determinato organo, occorrerebbe fare riferimento alla natura della situazione giuridica soggettiva azionata, con la conseguenza che, ove il giudizio sfoci in una decisione incidente su interessi legittimi, questa decisione dovrebbe essere soggetta alla giurisdizione del giudice amministrativo. Il T.N.A.S. sarebbe giudice degli interessi legittimi e, in ragione della sua natura amministrativa, le sue decisioni dovrebbero essere impugnabili, per vizi di legittimità, innanzi al giudice amministrativo A ciò si aggiungerebbero ulteriori, complessi profili in ordine alla individuazione della situazione soggettiva azionata, con riferimento anche al caso che ha dato origine alla “presente domanda giudiziale”. c) Nel caso specifico anzidetto la Lega, prima, e il T.N.A.S., dopo, avrebbero applicato una norma (art. 19, comma 2, Statuto-Regolamento L.N.P. A) a fattispecie e per finalità estranee, rispetto alla quale applicazione vengono formulate una serie di contestazioni riguardanti essenzialmente la decisione del T.N.A.S., i profili interpretativi e le norme applicabili. Quale che sia la configurabilità di interesse legittimo o diritto soggettivo, “in ogni caso dovrà riconoscersi la facoltà di impugnare la decisione adottata dal T.N.A.S. dinanzi al giudice amministrativo […] stante l’acclarata natura amministrativa di tale organo” (con richiamo agli articoli 133, comma 1, lett. z, e 11, comma 2, c.p.a.). Di qui l’illegittimità delle norme C.O.N.I. e F.I.G.C. che, disconoscendo la natura del T.N.A.S., porrebbero in essere pericolose, quanto ingiustificate, limitazioni al diritto di difesa, tutelato dagli articoli 24 e 113 della Costituzione. 2- Infine il ricorso, per mero tuziorismo, evidenzia la non opponibilità di una eccezione riguardante il mancato ricorso all’Alta Corte onde ottenere un provvedimento amministrativo da impugnare avanti al Tar, (secondo una mera intenzione dell’attuale ricorrente), in quanto non sarebbero sussistite, in base all’art. 1, comma 3, Codice Alta Corte, né la notevole rilevanza nell’ordinamento sportivo nazionale, né tantomeno l’avvenuto esperimento dei rimedi endofederali, trattandosi di provvedimento della Lega, non soggetto ad impugnazioni nell’ambito della giustizia federale e, quindi, come tale, censurabile esclusivamente innanzi al T.N.A.S., in base all’art. 12 ter Statuto C.O.N.I. 3.- Nel ricorso è contenuta anche istanza di abbreviazione dei termini ex art. 12 del Codice Alta Corte, non accolta, essendo stata fissata la discussione nella prima udienza già stabilita dall’Alta Corte. 4-. La F.I.G.C. si è costituita, con memoria 14-15 ottobre 2013, e, esposte le vicende della controversia, ha eccepito: 1) la tardività del ricorso, in quanto l’impedimento giuridico ostativo al rimedio avanti al giudice amministrativo sarebbe stato individuabile almeno dal momento della pubblicazione del lodo (se non del solo dispositivo); l’esternazione del proposito di ricorso al TAR costituirebbe una mera dichiarazione di intenti di un’azione non ancora intrapresa; 2) la pronuncia del T.N.A.S., ove esatta la premessa che verta su materia indisponibile, sarebbe viziata di incompetenza (con richiamo a sentenza Tar Lazio n. 6258 del 2013) e, quindi, con obbligo di osservare la pregiudiziale sportiva, rivolgendosi preventivamente all’Alta Corte; 3) l’anomalia di un gravame diretto a contestare la legittimità di atti normativi presupposti, in assenza di contestuale impugnazione di atto applicativo; 4) l’acquiescenza prestata dalla ricorrente, per facta concludentia, alla competenza arbitrale, divenuta intangibile per intervenuta decadenza dalla relativa eccezione; 5) la questione se il T.N.A.S. si sia pronunciato in materia non coperta da convenzione di arbitrato produrrebbe nullità del lodo deducibile avanti alla Corte di Appello; 6) la regola della alternatività (tra T.N.A.S. e Alta Corte) imporrebbe un’analisi specifica del petitum, avuto riguardo alla particolare natura (disponibile o indisponibile) della situazione soggettiva dedotta in giudizio; la tesi della fungibilità delle competenze risulterebbe tanto più insostenibile, in quanto dalla individuazione dell’organo chiamato a definire la controversia dipendono sia il rimedio impugnatorio proponibile, sia i limiti del sindacato; sarebbe assurdo lasciare all’arbitrio della parte istante una scelta del genere; ciò anche in considerazione della disposizione dell’art. 19 Codice T.N.A.S., che prevede una impugnazione all’Alta Corte in ipotesi di declinatoria di competenza, configurando una funzione regolatrice giustificata da ambiti di cognizione inderogabili; 7) l’infondatezza sia della questione di merito sulla base di una ricostruzione dettagliate del sistema di giustizia esofederale (del C.O.N.I.), con ampi richiami alla norme dell’ordinamento sportivo e alla giurisprudenza, compresa quella dell’alta Corte, e ai principi della alternatività dei rimedi di giustizia del C.O.N.I., sia della non fungibilità delle competenze dell’organo da adire, da cui discenderebbe il rimedio impugnatorio proponibile e i limiti del sindacato esperibile. 8) l’esclusione che, secondo la tesi del ricorrente, la pretesa avanzata dalla Società sportiva sia riconducibile ad un terzo genere, qualificabile nel contempo diritto soggettivo e interesse legittimo, risultando, invece, un’unica alternativa: o come pretesa di ottenere un contributo pattizialmente stabilito e, quindi, diritto soggettivo (sostenuto dalla società sportiva con l’istanza di arbitrato e ritenuta corretta dalla stessa F.I.G.C.), con conseguente cognizione del T.N.A.S.; ovvero in presenza di interesse legittimo (negato recisamente dalla Federazione per la non condivisibilità di una natura “parasanzionatoria” del diniego del contributo), con conseguente competenza, fin dall’origine, dell’Alta Corte. D’altro canto, la previsione del contributo sarebbe di natura pattizia (regolamento della Lega), incompatibile con la caratterizzazione di indisponibilità, mentre, se fosse esatta la tesi della ricorrente, il ricorso sarebbe inammissibile per carenza di interesse, avendo la società adito il T.N.A.S. anziché l’Alta Corte, fin dall’origine competente. Secondo la Federazione, attesa la corretta cognizione arbitrale, l’unica via impugnatoria sarebbe il ricorso per nullità avanti alla Corte di Appello, ex art. 828 c.p.c, secondo l’indicazione dell’art. 12, comma 3, Statuto C.O.N.I., conformemente a recente indirizzo giurisprudenziale del TAR Lazio. La Federazione conclude per una declaratoria di irricevibilità o inammissibilità del ricorso e, in ogni caso, per la sua reiezione nel merito, con conseguente pronunzia sulle spese del giudizio. 7.- La L.N.P. Serie A si è costituita con memoria, in data 21 ottobre 2013, richiamando sia gli antefatti della controversia, sia il procedimento arbitrale, svoltosi avanti al T.N.A.S. con oggetto una questione economica (relativa all’incasso del contributo c.d. paracadute di cui all’art. 19, comma 2, Statuto-Regolamento della L.N.P. A, nonché alle richieste della ricorrente in questa sede) e deducendo: 1) l’infondatezza delle prospettazioni della ricorrente in ordine alla giurisprudenza invocata, anzitutto perché irrilevante, in quanto si riferirebbe alla “morta e sepolta” C.C.A.S. La riforma del C.O.N.I. del 2008 avrebbe previsto due organismi indipendenti e con competenze alternative tra loro, basate sulla distinzione tra diritti disponibili ed indisponibili, proprio per superare le problematiche sollevate dalla giurisprudenza invocata dalla ricorrente. La decisione del Consiglio di Stato n. 527 del 2006 riguarderebbe una controversia attinente ad ammissione al campionato, da considerarsi diritto indisponibile, e sarebbe, peraltro, superata dalla successiva n. 6782 del 2008. 2) l’interesse ad agire, prospettato dalla ricorrente, per poter proporre, attraverso l’abrogazione delle norme riconoscenti la natura arbitrale e non amministrativa del T.N.A.S., proporre l’impugnazione del lodo al giudice amministrativo, anziché all’AGO, sarebbe carente e con un chiaro sapore “di tardivo pentimento” delle scelte procedimentali già assunte o, comunque, “di un tentativo disperato” di riaprire un esame di merito oggi totalmente precluso; 3) l’irrilevanza delle argomentazioni sui reclami avverso le decisioni disciplinari, al di là della classificazione (rifiutata) come interessi legittimi e diritti soggettivi, deriverebbe dalla circostanza che il provvedimento disciplinare della F.I.G.C. sarebbe solo un antefatto non oggetto di impugnazione, mentre il caso di specie riguarderebbe un preteso diritto di credito derivante da una convenzione contrattuale (contratto associativo, tra la società Lecce, società di diritto privato con fine di lucro e le sue sodali della stessa natura, istitutivo della L.N.P. A, anche essa di diritto privato come associazione); 4) la natura disponibile del diritto dedotto dal Lecce. Infine, nella memoria di costituzione, la Lega si richiama all’eccezione di tardività sollevata dalla F.I.G.C. (superamento del termine di 30 giorni) e conclude per la inammissibilità e/o irricevibilità e/o improcedibilità e/o improseguibilità del ricorso ovvero, in ogni caso, per la sua infondatezza, con la condanna della soccombente alle spese di giudizio e accessori. Considerato in diritto 1.- Occorre innanzitutto mettere in rilievo che sostanzialmente il ricorso contesta la natura sia di lodo della decisione arbitrale (dispositivo pubblicato il 31 maggio 2013 e motivazioni il 7 luglio 2013), che ha definito il precedente giudizio (dalla stessa società ricorrente proposto) davanti al T.N.A.S. - si noti, nettamente alternativo a quello avanti all’Alta Corte -, sia della pretesa fatta valere in origine, da qualificarsi invece – secondo la società ricorrente - come interesse legittimo e posizione non disponibile. Inoltre, il ricorso tende a risolvere una questione di competenza giurisdizionale, relativamente a quale organo della giustizia ordinaria possano essere proposte le impugnazioni della decisione arbitrale, se avanti al TAR (soluzione sostenuta) o alla Corte di appello, con azione di nullità del lodo ex art. 828 c.p.c., secondo l’indicazione dell’art. 12 ter, comma 3, Statuto C.O.N.I. (impugnato). Per raggiungere gli anzidetti risultati il ricorrente, molto abilmente, ha formalmente rivestito le sue pretese sotto forma di impugnativa autonoma (anche se collegata ad una mera intenzione di proporre un giudizio contro il lodo arbitrale avanti a TAR) delle norme del C.O.N.I. e della F.I.G.C. “nei limiti in cui riconoscono la natura arbitrale e non amministrativa del T.N.A.S. e delle relative decisioni, con conseguente appellabilità delle stesso lodo avanti la Corte di Appello per vizi di nullità, anziché innanzi al giudice amministrativo per vizi di legittimità e, in particolare, di tutto il Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina degli Arbitri e degli art. 12 bis e 12 ter dello Statuto del C.O.N.I.”. E’ evidente, pertanto, che la questione principale sottoposta all’esame di questa Alta Corte coinvolge profili essenziali di tutto l’assetto della Giustizia sportiva del C.O.N.I. e, come tale, riguarda diritti indisponibili e riveste notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo, mentre la questione sottostante, sottoposta in precedenza al giudizio del T.N.A.S., si era limitata alla rivendicazione del diritto ad un contributo (c.d. paracadute), questione al di fuori di ogni profilo sanzionatorio-disciplinare, contributo, del resto, negato per l’elemento obiettivo della non partecipazione al Campionato di Serie B, mentre la precedente sanzione disciplinare era stata considerata come mero dato di fatto che aveva prodotto la preclusione (profilo, quest’ultimo, irrilevante per la decisione del presente ricorso, destinato ad esaurirsi nell’ambito preliminare della ammissibilità). 2.- In realtà, da quanto sopra, emergono preliminarmente una serie di profili, ciascuno con carattere autonomo, di inammissibilità del ricorso: a) se interpretato, sotto i profili sostanziali, come diretto a contestare il lodo nella sua natura e valore, è evidente sia la tardività, in relazione ai dati sopra riportati relativi al lodo e alla proposizione del ricorso, sia la inammissibilità di una impugnazione in questa sede di una pronuncia arbitrale come conseguenza del’alternatività dei rimedi di giustizia del C.O.N.I.; b) per quanto riguarda l’impugnazione delle norme della F.I.G.C., l’inammissibilità discende dalla mancanza di individuazione o di individuabilità sia nella intestazione del ricorso, sia nella esposizione in fatto e in diritto dello stesso ricorso; c) nella parte in cui investe “tutto il Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e disciplina degli Arbitri”, è egualmente inammissibile, in quanto non è ravvisabile alcun motivo, anche in forma generica, che possa coinvolgere tutto il sistema procedurale avanti al T.N.A.S., al di fuori dei limitati profili relativi alla natura della funzione esercitata nel lodo e alla indicazione del rito della impugnazione avanti alla Corte di Appello, diretto – si noti - a confermare la classificabilità del lodo e la esclusione da rimedi ulteriori nell’ambito esclusivo della giustizia sportiva. Per l’anzidetto profilo di contestazione dell’intero Codice T.N.A.S. sarebbe tardivo, in quanto la lesività e l’interesse a ricorrere sarebbero sorti dal momento della pacifica applicazione del Codice anzidetto, attraverso la instaurazione del procedimento arbitrale ed il suo svolgimento e, a tutto concedere, dal momento della definizione dello stesso giudizio arbitrale; d) in sede di giustizia sportiva non può ritenersi ammissibile una impugnazione autonoma di norme regolamentari risalenti nel tempo, senza l’impugnazione contestuale (attribuita alla competenza del giudice adito) di un atto applicativo o di un comportamento lesivo in base allo stesso regolamento; e) ricorre un ulteriore profilo preliminare di difetto di interesse ad ottenere un annullamento, e tantomeno una disapplicazione in sede di giustizia sportiva, in quanto la domanda è espressamente basata sulla utilizzabilità del decisum da parte dell’Alta Corte in sede di un giudizio di impugnazione (avanti a giudice statale) del lodo già esistente. Si noti, sulla base degli elementi in atti, il ricorso, all’epoca della presente impugnazione, era ancora da intraprendere avanti al TAR o alla Corte di Appello. Questi, in realtà, sono gli unici giudici abilitati ciascuno a statuire sulla propria competenza all’impugnazione del lodo o sulla rimessione ad altro organo giurisdizionale, salvo un potere esercitabile soltanto da un giudice, dello stesso ordinamento statale, abilitato a risolvere le questioni sulla giurisdizione, ovvero in sede di successiva impugnazione. In realtà, una eventuale decisione dell’Alta Corte con annullamento delle impugnate norme dell’ordinamento sportivo non può avere effetto di determinare o di escludere la competenza di un giudice dello Stato (amministrativo od ordinario con il rito avanti alla Corte di appello, ex art. 828 c.p.c.). f) la giustizia sportiva presso il C.O.N.I., da un lato, si è esaurita con la decisione (non rimossa) resa in sede di ultimo grado avanti a T.N.A.S., si noti, ancora una volta, alternativo e non cumulativo con il ricorso a questa Alta Corte, che non ha alcun potere di riesaminare una controversia già definita nel merito con un lodo (ancora esistente ed efficace) del T.N.A.S., né di determinare - attraverso un annullamento di norme con efficacia nel solo ordinamento sportivo - quale sia il giudice statale competente sulla impugnazione di decisione della giustizia sportiva. Infine, l’Alta Corte, come qualsiasi altro giudice sportivo, resta vincolata ad osservare, finché esiste e non sia abrogato o dichiarato costituzionalmente illegittimo, il combinato disposto delle disposizioni dell’art. 3 e 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, in l. 17 ottobre 2003, n. 280, che riconoscono la salvezza delle clausole compromissorie previste dall’ordinamento sportivo (Statuti e Regolamenti del C.O.N.I. e delle Federazioni sportive). Tali disposizioni non consentono di escludere o modificare in radice (sopprimendo) la facoltà di ricorrere ad una tutela arbitrale della giustizia sportiva, in quanto attualmente prevista come forma di vero arbitrato dagli Statuti del C.O.N.I. e delle Federazioni e, quindi, “in ogni caso”, fatta salva da legge dello Stato. Infatti, le anzidette disposizioni di legge - che non pongono a base di una delimitazione dell’ambito delle competenze dell’arbitrato sportivo una differenziazione tra diritto soggettivo e interesse legittimo - fanno invece riferimento, una volta “esauriti i gradi della giustizia sportiva”, esclusivamente a distinzione tra: a) rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti (giudice ordinario); b) controversie riservate ad organi di giustizia dell’ordinamento sportivo, ai sensi dell’art. 2 surrichiamato (confermato dall’art. 133, comma 1, lett. z, c.p.a.): osservanza e applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie, dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive, comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e irrogazione e applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive; c) salvezza delle eventuali attribuzioni di controversie ad arbitrato, in base a clausole compromissorie previste dagli statuti e regolamenti del C.O.N.I., delle Federazioni sportive o inserite nei contratti dei giocatori, ai sensi art. 4, legge n. 91 del 1981; d) ogni altra controversia avente per oggetto atti del C.O.N.I. e delle Federazioni sportive, da valere come previsione residuale e di chiusura di competenza – si noti - esclusiva del giudice amministrativo (come confermato dalla disposizione citata del c.p.a.). L’Alta Corte di giustizia sportiva, anche se organo dell’ordinamento sportivo dotato di autonomia, è tenuta a rispettare le leggi dello Stato, come ogni altro organismo con sede o operante in Italia. Pertanto, la stessa Alta Corte, considerata la normativa vigente, non è legittimata né a eliminare in radice la facoltà nell’ambito sportivo di ricorso ad una tutela arbitrale, né a contestare e disapplicare una legge dello Stato, che consenta (facendola “in ogni caso” salva), nell’ambito della stessa giustizia sportiva, la tutela, utilizzando un procedimento di vero e proprio arbitrato rituale, come del resto articolato dalle norme dell’ordinamento sportivo, secondo il più recente indirizzo interpretativo del Tar Lazio, 10 ottobre 2013, n. 8730. 4.- Sulla base delle predette considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, rimanendo assorbiti tutti gli altri profili. 5.- Le spese, che seguono la piena soccombenza, vengono liquidate complessivamente, a favore della F.I.G.C. e della L.N.P. A, per ciascuna, in euro 2.000,00, oltre accessori come per legge (IVA e contributi Cassa Avvocati) e rimborso dei diritti amministrativi corrisposti, che vengono posti a carico della ricorrente soccombente. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso; SPESE a carico della ricorrente U.S. Lecce S.p.a., liquidate come in motivazione. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del C.O.N.I., in data 29 novembre 2013. Il Presidente e Relatore F.to Riccardo Chieppa Depositato in Roma in data 2 dicembre 2013. Il Segretario F.to Alvio La Face
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