F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2006/2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 9/CF del 30 settembre 2006 1. RICORSO DELL’A.E. GIANLUCA PAPARESTA, AI SENSI DELL’ART. 32, COMMA 5, DELLO STATUTO DELLA F.I.G.C., AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE CAUTELATIVA DI MESI DUE ADOTTATO DAL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE DI DISCIPLINA CON DELIBERA N. 13 DEL 4 LUGLIO 2006. 2. RICORSO AI SENSI DELL’ART. 32, COMMA 6, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22, COMMA 1, LETT. c) CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, DELL’ A.E. GIANLUCA PAPARESTA

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 2006/2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 9/CF del 30 settembre 2006 1. RICORSO DELL’A.E. GIANLUCA PAPARESTA, AI SENSI DELL’ART. 32, COMMA 5, DELLO STATUTO DELLA F.I.G.C., AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE CAUTELATIVA DI MESI DUE ADOTTATO DAL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE DI DISCIPLINA CON DELIBERA N. 13 DEL 4 LUGLIO 2006. 2. RICORSO AI SENSI DELL’ART. 32, COMMA 6, STATUTO F.I.G.C. E ART. 22, COMMA 1, LETT. c) CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA, DELL’ A.E. GIANLUCA PAPARESTA FATTO Vengono all’esame della Corte Federale due ricorsi proposti dal dott. Gianluca Paparesta, arbitro effettivo con qualifica internazionale; l’uno ai sensi dell’art. 32, comma 5, e l’altro ai sensi dell’art. 32, comma 6, Statuto federale, presentato alla Corte Federale anche quale giudice dell’esecuzione delle proprie pronunce. I fatti che hanno dato origine alla questione possono così sintetizzarsi. 1 - Con atto 19.6.2006 l’Ufficio Indagini trasmetteva alla Procura Federale gli atti concernenti l’indagine effettuata sui rapporti tra classe arbitrale, dirigenti di società calcistiche e dirigenti federali nella stagione sportiva 2004/2005, dando così avvio al noto maxi-procedimento. In tali atti la posizione del Paparesta veniva trattata con riguardo a due episodi: - gli accadimenti del dopo partita Reggina-Juventus e la connessa successiva telefonata con il Moggi; - i contatti intercorsi con il dirigente del Milan, Leonardo Meani, sulla base dei quali quest’ultimo avrebbe portato all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed in particolare del Sottosegretario Gianni Letta, attraverso il dott. Adriano Galliani, la questione della mancata ottemperanza del Governo italiano ad obblighi comunitari afferenti a energie alternative (Biodiesel), oggetto di procedura di infrazione da parte della competente Commissione Europea e segnalata dal Paparesta avendone avuto egli contezza nell’espletamento della propria attività professionale (commercialista-revisore dei conti). La Procura Federale, valutati tutti gli episodi di indagine, ha formulato incolpazione nei confronti del Paparesta con riguardo esclusivamente agli accadimenti connessi alla partita Reggina-Juventus per i quali la Commissione d’Appello Federale ha comminato all’incolpato la sospensione di mesi tre, con decisione confermata da questa Corte. 2 - E’ peraltro avvenuto, quando il maxi-procedimento era in corso, che in data 4.7.2006 l’A.I.A. ha comunicato al ricorrente un provvedimento con il quale il Presidente della Commissione Nazionale di Disciplina di I grado, accogliendo una richiesta della Procura Arbitrale, aveva ritenuto di fare applicazione dell’art. 30, comma 4, del Regolamento dell’A.I.A., disponendo "in via d'urgenza ed eccezionale" la sospensione cautelare del Paparesta per mesi due; e ciò richiamando le medesime condotte oggetto di esame nella relazione dell’Ufficio Indagini, nonché l’atto di deferimento della Procura Federale. Avverso tale provvedimento è insorto il Paparesta con il primo dei due ricorsi in esame, con il quale, ai sensi dell’art. 32, comma 5, Statuto federale (non essendovi strumenti propri di impugnazione dell’atto in parola), ha chiesto l’annullamento dell’atto, ritenuto illegittimo in quanto posto in essere in relazione a condotte devolute alla cognizione degli organi di giustizia federali. E ciò, secondo il ricorrente, sia in applicazione delle norme che regolano il riparto di giurisdizione, tra giustizia federale e giustizia domestica dell’A.I.A., sia per la pronuncia (già emessa in primo grado dalla C.A.F. e poi confermata da questa Corte con decisione 4 agosto 2006) di attrazione presso i più alti organi di giustizia federale della cognizione delle condotte oggetto della relazione dell’Ufficio Indagini trasmessa alla Procura Federale quale organo competente, anche se ascrivibili a soggetti sottoposti ad altre giurisdizioni interne all’ordinamento calcistico. In subordine il ricorrente ha dedotto l’abnormità del provvedimento (di urgenza) di sospensione impugnato, atteso che la norma applicata richiede condotte di particolare gravità, sicuramente non riscontrabili nella specie, come è dimostrato dal fatto che la competente Procura Federale ha omesso qualsivoglia richiesta di inibizione cautelare. In conclusione, il Paparesta chiedeva a questa Corte - che all’epoca ancora non aveva concluso il maxi-procedimento - che venisse in via incidentale affermato il carattere esaustivo della sanzione inflittagli dalla C.A.F. con riguardo al complesso delle condotte oggetto dell’accertamento dell’Ufficio Indagini trasmesso alla Procura Federale. Sul punto questa Corte - con ordinanza adottata prima della decisione – osservava da un lato come la pendenza del procedimento precludesse la possibilità di assoggettamento ad ulteriore sanzione della medesima condotta, e dall’altro come in ogni caso fosse computabile nella “pena” irrogata la “eventuale sospensione cautelare comminata dall’A.I.A.”. 3 - E' poi avvenuto che, avendo la Commissione Nazionale di Disciplina di I grado proseguito nel proprio procedimento disciplinare per la condotta relativa ai richiamati contatti del Paparesta con il Meani, la stessa adottava la deliberazione n. 6 in data 4 settembre 2006 con la quale, valutato definitivamente il comportamento del Paparesta, infliggeva al medesimo la sospensione dal 20 ottobre 2006 al 19 giugno 2007. Il Paparesta, quindi, con il secondo ricorso, presentato in data 13 settembre 2006 ai sensi dell’art. 32, comma 6, Statuto federale, ha chiesto alla Corte Federale quale giudice regolatore del sistema di giustizia sportiva e giudice garante della corretta esecuzione delle proprie pronunce, di accertare l’impossibilità per gli organi disciplinari dell’A.I.A. di conoscere e giudicare le condotte in discorso. Inoltre, e in evidente subordine, nel ricorso il Paparesta ha chiesto che la Corte, nella denegata ipotesi in cui qualificasse come sostanzialmente alternativa nelle vicende in discorso la giurisdizione domestica dell’A.I.A., volesse accertare l’illegittimità della norma interna di cui all’art. 52, comma 4, del Regolamento A.I.A., con la quale si inibisce all’incolpato la difesa da parte di un difensore di fiducia che non sia tesserato A.I.A., con violazione del diritto di difesa, disparità di trattamento e violazione di principi generali di equità e non discriminazione cui lo Statuto federale è ispirato in coerenza con i principi della Carta costituzionale. DIRITTO I ricorsi in esame, afferendo ad una identica vicenda, vanno riuniti. 1. Come è noto e come innanzi ricordato, in sede di giustizia federale si è celebrato un maxi-procedimento avente ad oggetto i rapporti tra dirigenti delle società calcistiche, dirigenti federali e appartenenti alla classe arbitrale nella stagione sportiva 2004/2005. Il procedimento è stato avviato dalla trasmissione in data 19.6.2006 di una diffusa relazione da parte dell’Ufficio Indagini alla Procura Federale, che lo stesso Ufficio Indagini ha individuato quale organo competente ai sensi dell’art. 27, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva. Le ragioni della intestazione agli organi della giustizia federale della cognizione delle complessive condotte (ed in a particolare alla Procura Federale quale organo d’azione e alla C.A.F. in primo grado e a questa Corte Federale in sede di appello, quali organi decidenti) sono state compiutamente evidenziate dalla C.A.F. nel giudizio di primo grado con statuizione confermata da questa Corte. La C.A.F. infatti, già con l’ordinanza in data 3.7.2006, confermata in sede di decisione conclusiva del primo grado di giudizio, ha affermato l’esistenza dei principi di connessione e di attrazione presso i più alti organi della giustizia federale della cognizione di condotte che vedano coinvolti nello stesso contesto dirigenti federali, dirigenti di società calcistiche ed esponenti della classe arbitrale, statuendo, in particolare che detta regola “investe anche la posizione degli arbitri ai sensi dell’art. 29 comma VII Statuto Federale e dell’art. 3 comma 1 reg. AIA entrambi i quali rinviano all’art. 30 comma 3 dello stesso Statuto Federale”. Tale statuizione è stata confermata da questa Corte “in conformità al principio di vis actractiva esercitata dall’organo di giustizia sportiva di grado superiore rispetto alle astrattamente ipotizzabili competenze di giudici di rango inferiore, fissato dagli artt. 37 comma 1, e 28, comma 7, CGS”. In conseguenza, le condotte poste in essere dagli arbitri, astrattamente configurabili come violazioni del Regolamento A.I.A. (e quindi di per sé astrattamente soggette alla giurisdizione domestica), sono state conosciute – in quanto verificatesi nel richiamato contesto – dagli organi di giustizia federale (Procura Federale, C.A.F. e Corte Federale). Ovviamente il principio opera a maggior ragione per condotte che non risultano contestabili esclusivamente in base alle norme tecniche del Regolamento A.I.A., ma sono idonee astrattamente ad integrare la violazione di generali precetti contenuti nelle Carte Federali (quale il principio di lealtà di cui all’art. 1 C.G.S.). E ciò in quanto, in tali ipotesi, anche a prescindere dal richiamato principio di attrazione, è l’art. 29, comma 7, dello Statuto federale ad intestare la giurisdizione in capo agli organi di giustizia federale. 2. Come già ricordato, nel complessivo contesto in parola la posizione dell’arbitro Paparesta ha assunto rilievo per i due episodi, riferiti, il primo agli accadimenti relativi alla partita Reggina-Juventus, e l’altro ai rapporti con il Meani e alla segnalazione da parte di questo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delle vicende connesse alla procedura di infrazione comunitaria sul Biodiesel. 2.1. Il primo ricorso, proposto in questa sede dal Paparesta, deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto, da un lato, il provvedimento impugnato (sospensione cautelativa per mesi due disposta dal Presidente della Commissione Nazionale di Disciplina di I grado dell’A.I.A.) risulta essere stato revocato e, dall’altro, perché il suo contenuto è assorbito dal provvedimento (definitivo) di sospensione per otto mesi oggetto del secondo ricorso. 2.2. Quest’ultimo ricorso è fondato. Vanno richiamati al riguardo due principi, la cui osservanza è fondamentale per l’ordinato esercizio delle delicate funzioni di giustizia sportiva e che risultano essere stati pretermessi dall’A.I.A. Il primo è quello che si desume dal complesso delle disposizioni dello Statuto federale, del Codice di Giustizia Sportiva e dello stesso Regolamento A.I.A., nel senso che vanno riconosciute la preminenza e la prevalenza della giustizia federale, rispetto alla quale quella domestica dell’A.I.A. non può che essere soltanto complementare. L’altro principio, che ha carattere generale, in quanto operante in ogni ordinamento e per tutti i tipi di procedimenti sanzionatori, è quello del divieto del bis in idem, che del resto è stato già richiamato da questa Corte nella decisione conclusiva del cosiddetto maxiprocedimento, ove ha affermato che “la pendenza del presente procedimento disciplinare precluda la possibilità di assoggettamento ad ulteriore sanzione in ogni ambito e settore dell’ordinamento federale della medesima condotta fenomenicamente intesa, fatta salva la possibilità da parte dei competenti organi tecnici di dedurre dagli accertamenti racchiusi in via definitiva, nel presente giudizio elementi di valutazione di ordine tecnico-professionale, ai fini propri del settore arbitrale”. 2.3. Nella specie, dei fatti ascritti al Paparesta solo il primo si sarebbe potuto in astratto prestare ad essere inquadrato nell’ambito disciplinare della normativa domestica, dove all’arbitro viene fatto obbligo di fedele refertazione (art. 40, p. 2, lett. g, Reg. A.I.A.); tuttavia l’episodio è stato conosciuto dagli organi federali di giustizia sportiva sia perché astrattamente integrante la violazione del generale canone di lealtà di cui all’art. 1 C.G.S., sia per la richiamata vis actractiva della competenza della giustizia federale anche sulle condotte degli arbitri inserite nel complessivo contesto innanzi richiamato. Quanto al secondo episodio relativo ai contatti con il Meani e all’attivazione di questo per la segnalazione a mezzo di Adriano Galliani della vicenda Biodiesel alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, esso non può che rientrare, in applicazione dei richiamati principi, nella cognizione della giustizia federale ed in particolare della C.A.F. in primo grado e di questa Corte in ultima istanza, sia perché oggetto della complessiva indagine che ha dato il via al più volte richiamato maxi-procedimento, sia perché riguarda direttamente dirigenti sportivi (Meani) e dirigenti federali (Galliani). Del resto, tutti gli episodi suindicati sono stati valutati dalla Procura Federale. Per la condotta tenuta dal Paparesta nel dopo partita Reggina-Juventus la Procura ha ritenuto di procedere al deferimento; la C.A.F. ha applicato la sanzione della sospensione per tre mesi; la decisione per questa parte non è stata impugnata dalla Procura Federale e l’appello del Paparesta è stato respinto dalla Corte Federale per cui la sanzione è divenuta definitiva. Per l’altro episodio, concernente la vicenda Meani-Galliani, la Procura, pur avendo avuto modo di valutare la condotta del Paparesta, non ha adottato al riguardo alcun provvedimento espresso, né di deferimento, né di archiviazione. Tale comportamento - tenuto conto del contesto in cui è stato posto in essere, della accuratezza delle indagini svolte e della particolare attenzione posta dalla Procura Federale nella valutazione delle singole posizioni e degli specifici episodi – non può essere considerato che come espressione di un giudizio di irrilevanza in ordine ai fatti in questione. Per i quali – ripetesi – alla stregua delle considerazioni che precedono, sarebbe stata comunque da escludere la giurisdizione domestica dell’A.I.A. essendo essi sussumibili – sia in via diretta che in virtù della già richiamata vis actractiva – nella sfera di applicabilità dell’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva e, conseguentemente, nella giurisdizione degli organi della giustizia federale. 3. Per le considerazioni che precedono, ritenute assorbite le restanti questioni, il primo ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed il secondo deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento sanzionatorio della Commissione Nazionale di Disciplina di I grado dell’A.I.A., ribadendosi quanto già affermato da questa Corte nella decisione sul c.d. maxi-procedimento secondo cui “la pena si considera espiata dal momento iniziale in cui essa produce l’effetto afflittivo, computando in essa anche la eventuale sospensione cautelare comminata dall’AIA”. Va disposta, per entrambi i ricorsi, la restituzione della tassa versata. P.Q.M. La Corte Federale, previa riunione dei due ricorsi, dichiara improcedibile il primo ed accoglie il secondo.
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